Le rappresentazioni teatrali danno una forte
(Modica, 4 gennaio 1852, dal verbale delle delibere del Decurionato)
In Corso
Umberto, di fronte al Collegio dei Gesuiti, un vecchio magazzino
appartenente a don Carlo Rizzone, opportunamente adattato, è già teatro
nella seconda decade dell'800. Dopo due anni di lavori, nel 1817 il Teatro
dispone di venticinque palchi distribuiti su due ordini, appartenenti a quei
cittadini che hanno con loro denaro hanno contribuito alla realizzazione di
tale opera.
Nello stesso
anno si istituisce una Deputazione che si cura sia del mantenimento della
struttura che dell’attività teatrale. Nel 1836 viene nominato un custode con
il compito di prendere in consegna l’attrezzatura del palcoscenico ed il “mobilio
dei palchi”, appartenente ai privati, e di curare la manutenzione ordinaria
dell’edificio.
Negli anni
della monarchia borbonica, un fitto carteggio tra il sindaco, il
sottintendente e l’intendente ci fa arguire con quanta attenzione si curino
ora gli affari amministrativo-burocratici relativi alla gestione e alla
manutenzione del Teatro, ora la programmazione delle rappresentazioni.
Accade spesso
che a calcare le scene del Teatro Comunale siano alcune locali compagnie di
dilettanti comici. Se nelle Stagioni di Carnevale si pratica prevalentemente
il repertorio comico, nelle Stagioni di Quaresima si dà spazio alle “rappresentazioni
tragiche o di sentimento”.
La realizzazione di queste opere non
richiede eccessivi oneri finanziari. Gli artisti sono dei non professionisti,
che fanno teatro per puro diletto, senza percepire compensi o con scarse
remunerazioni, e l’allestimento scenico è
minimale. Nel 1936 sappiamo che il Teatro è dotato di alcune scene
raffiguranti una camera, una reggia, un bosco ed un panorama urbano: fondali
e quinte che facilmente possono adattarsi anche a rappresentazioni diverse.
Non solo i
dilettanti animano il Teatro Comunale. Da fuori arrivano alcune compagnie
professioniste di prosa e di balletto.
Vengono proibiti i drammi sacri e,
in un documento del 1822, viene vietata la possibilità di “prendere ad
affitto il Teatro per uso di ridotto, e dettare con questo sotterfugio delle
leggi a coloro che vi si vogliono recare”. Tale disposizione fa pensare che
il Teatro venisse allora utilizzato per altri scopi, anche a sfondo
politico.
Le opere
liriche vengono allestite da impresari, alcuni dei quali operanti anche
in altri teatri della Sicilia orientale come Domenico Valente, attivo
a Modica nel 1844 e Giovanni Paladino, che cura la Stagione di Primavera del
1846.
Nella prima
metà dell’800 non esiste ancora una orchestra né una banda. Per accompagnare
i cantanti d’opera si ricorre quindi a qualche dilettante locale o dei
comuni vicini, mentre le “prime parti” dell’orchestra giungono al seguito
delle compagnie. Il Teatro non ha ancora un golfo mistico e gli orchestrali,
circa una ventina, prendono posto su di una pedana a ridosso del palco.
Tra il 1852
e il 1857 il Teatro viene chiuso
per lavori. E’ l’architetto Toscano a progettare alcune modifiche che gli
daranno un’ assetto assai simile a quello odierno. Si amplia la platea da
trentadue a settanta palmi e d’ora in avanti conterrà centotrenta posti
oltre lo spazio riservato all'orchestra. Si procede alla costruzione di un
terzo ordine di palchi e di un loggione. Tutte le opere vengono ancora una
volta realizzate col concorso finanziario della pubblica amministrazione e
di alcuni cittadini.
Franco Libero
Belgiorno ricorda che le decorazioni in stucco e oro del soffitto e del
prospetto dei palchi vengono affidate a Corrado Malfa, quelle dell’ “arco
tonante” al palermitano Calcedonio Li Greci ed il sipario, raffigurante in
allegoria la vittoria dell'Italia sulle potenze straniere (asburgiche) è
opera del pittore ragusano Giuseppe Di Stefano. Abbellito ed ampliato, il
Teatro riapre i battenti nel maggio del 1857 con una
Traviata portata in scena dalla "Primaria Compagnia Rossi e Naselli".
Nel 1860 il Teatro
Comunale cambia nome e viene intitolato a Giuseppe Garibaldi, in omaggio
alla ideologia politica del nuovo sindaco.
Nel 1870 il Teatro diventa di
proprietà comunale.
Tra la fine dell’800 e
primi del ‘900 il Teatro non ospita solo opere liriche e spettacoli di prosa.
Raffaele Grana Scolari ricorda che talora “le stanze pel caffè e pel
bollettinaio, invece del loro legittimo uso, servono per le società operaie”
e che si organizzano serate di beneficenza, accademie di musica e teatro con
la partecipazione degli alunni delle scuole modicane, esibizioni di giovani
talenti e “dilettanti di canto”.
Al volgere
del secolo e nel periodo tra le due guerre, come in ogni teatro di provincia,
anche in quello modicano sono soprattutto le operette a prevalere nei
cartelloni, affiancata da qualche opera di repertorio come la Gioconda,
il Trittico, la Traviata e la Cavalleria
rusticana.
Tra gli spettacoli di prosa, le cronache del tempo ricordano esibizioni al “Garibaldi” di celebrità del teatro come Emma Gramatica, Annibale Ninchi, Achille Maerani, e Gastone Monadi.Le manifestazioni più ricorrenti negli anni ‘20 e ‘30 tuttavia sono le “riviste” e gli spettacoli di “arte varia”
Negli anni ’20 al
Teatro “Garibaldi” il palco centrale del secondo ordine si trasforma in una
sala di proiezione. Vengono dati film come Ursus, Il padrone delle
ferriere, Quo vadis?, Il romanzo
di un giovane povero, Il fabbro del convento e I miserabili.
Anche lo
sport entra a Teatro e fa spettacolo. Nel 1936 il palcoscenico ospita i
campionati provinciali di scherma per giovani fascisti e negli stessi anni
persino la platea si trasforma in ring per un incontro di pugilato.
Nell’immediato secondo dopoguerra il Teatro è spesso impraticabile:
precarie sono alcune strutture murarie ed il tetto è cadente; mancano gli
intonaci, i pavimenti sono deteriorati e l’antica decorazione è “consunta e
superata dal tempo”. Una delibera del 2 giugno del 1943 lo dà in gestione a
Giuseppe Caruso, responsabile di quelle modifiche alla struttura che lo
adatteranno a sala cinematografica. A lavori ultimati, nel marzo del 1945 il
Teatro si presenta col palcoscenico ingrandito, un piccolo
golfo mistico, più posti in platea ed una tribuna al posto del terzo
ordine di palchi oltre la quale c’è la sala di proiezione.
Ancora in questi anni si può ascoltare qualche celebrità della lirica
come Maria Caniglia ma, come negli anni precedenti, a scandire la vita del
Teatro, sono ancora le filodrammatiche locali, i concorsi canori, i cori
scolastici, i saggi di danza e i veglioni di Carnevale oltre alcuni concerto
organizzati dalle Associazioni musicali medicane.
Nel 1984 cessa
la gestione privata ed il Teatro viene chiuso. In molti chiedono la modifica
delle opere murarie ed un restauro che possa reintegrare parte delle
decorazioni originali. L’ingegnere Giorgio Sarta insieme agli architetti
Enzo e Giorgio Rizza sono i progettisti di un lavoro di ristrutturazione che
ha riportato l’edificio a come era tra la seconda metà dell’800 ed il
secondo dopoguerra. Le balaustre dei palchi e le la volte con motivi
ottocenteschi ed i ritratti di Bellini, Verdi, Beethoven e Mozart. Il tondo
posto sulla volta della sala è stato realizzato da Piero Gruccione in
collaborazione con Franco Sarnari, Piero Roccasalva e Giuseppe Colombo.
(Da Cento anni
di Teatro a Modica di Mariolina
Marino)